RETI VIRTUOSE PER UN 3° SETTORE PRODUTTIVO
Pordenone
E’ arduo per me scrivere qualcosa di sensato ed intelligente in settembre. Sarà perché è il mese in cui compio gli anni e mi rattristo per il tempo che inesorabile passa… o forse per la fine dell’estate, il sole che inizia a calare presto esercita su di me un influsso negativo.
Di fatto in settembre, ogni anno, succedono tante cose, spesso negative. Da molti anni si fa la conta delle fabbriche che non riapriranno dopo la pausa estiva, ad esempio. Troppe e non tutte necessariamente per la crisi economica. Alcune chiudono perché è più conveniente investire all’estero (vedi Omsa/GoldenLady), altre perché la proprietà le ha solo usate e spremute finché davano un grosso utile (molto del quale non dichiarato o eluso) e, adesso che la morsa fiscale si fa più stringente, non ne vale più la pena. Altre ancora, il maggior numero, perché la crisi non dà scampo.
E il Terzo settore come sta affrontando questa congiuntura, è attrezzato? Di quanto risente delle difficoltà del primo e del secondo settore? Come dice Stefano Zamagni, insigne economista e presidente dell’Agenzia per il Terzo settore, alla chiusura delle borse dei primi due settori non può che corrispondere una forte sofferenza del terzo, che dai primi due dipende. Mi pare che ce ne stiamo accorgendo e chi vorrà leggere, più avanti, l’articolo della nostra direttrice in Primo Piano avrà modo di approfondire.
Ma è sul modo, in cui ci si può e ci si deve attrezzare, che vorrei porre l’accento. Ha ragione Zamagni quando dice che il Terzo settore deve diventare produttivo, garantendosi così le risorse attraverso le proprie attività innovative ed uscendo via via dal modello “redistributivo” su cui attualmente (e per la maggior parte) esso è schiacciato.
Ma siamo pronti e maturi a fare questo passo? Ne abbiamo le competenze e le risorse umane ed economiche? Siamo pronti a fare veramente rete fra di noi e soprattutto disponibili a rinunciare a quel concetto di ‘identità’ ristretto dietro cui spesso ci nascondiamo?
Fantascienza? Non credo proprio. Loro la propria identità la conoscono bene e portano avanti la loro ‘mission’ con passione pari alla nostra.
Leggi l’articolo in versione integrale su IT La Gazzetta settembre 2012