Nullus locus sine Genio
Pordenone
L’idea di base
I servizi che si occupano di salute, assistenza ed educazione sono consapevoli di quanto riduttive e solo relativamente efficaci siano oggi le risposte di tipo specialistico, qualora esse non riescano a coinvolgere il tessuto comunitario che è all’orizzonte della vita dei singoli e delle famiglie. Questo significa che, davanti alle manifestazioni del disagio moderno, si possono fornire prestazioni intelligenti ed efficaci (anche in termini di costi/benefici) solo occupandosi contemporaneamente della qualità dell’“agio”, cioè della qualità della vita sociale di quella data area della città.
In sostanza le istituzioni devono prioritariamente porsi il problema di come contribuire alla creazione o alla buona “manutenzione” delle condizioni per cui i cittadini acquisiscano o incrementino le proprie risorse di ascolto, comprensione, solidarietà, nonché di “complicità” con le istituzioni: in una parola, le proprie competenze sociali.
Se da un lato il tessuto comunitario si presenta oggi particolarmente sfilacciato – per quanto attraversato da contraddizioni epocali che richiederebbero invece una forte coesione tra i protagonisti della vita naturale dei quartieri -, dall’altro non si può allo stesso modo non rilevare come la crisi di autorevolezza e di valori si rifletta anche all’interno delle istituzioni stesse (eccessiva burocratizzazione delle organizzazioni, evanescenza delle classi dirigenti, demotivazione degli operatori, parcellizzazione degli interventi, adozione di criteri di valutazione dei progetti puramente meccanicistici e in ciò incapaci di considerare la complessità dell’esperienza umana, singola e collettiva).
Bisogna dunque adoperarsi affinché i servizi sappiano favorire la rigenerazione delle reti comunitarie e possano, in particolare, autorizzarsi a sostenere l’idea, vincente, di sussidiarietà, cioè la responsabilizzazione in prima persona delle istanze associative presenti nel sociale, delle reti naturali, a fianco dei servizi. Si tratta di rilanciare con i cittadini una negoziazione sui principi che regolano il benessere sociale, chiedendo loro di essere meno passivi nelle richieste di aiuto e più competenti nelle richieste che fanno alle istituzioni (ovviamente essere più attivi prevede che si sia capaci di fare richieste congrue alla luce della volontà di assumersi la corresponsabilità della salute della comunità).
In quest’ottica cambiano il livello e il tono delle aspettative rivolte alle istituzioni, prende forma una maggiore consapevolezza delle proprie risorse da parte delle comunità, a fronte, logicamente, di una maggiore disponibilità e competenza delle istituzioni stesse di fare e mantenere degli accordi con la comunità.
Il modello Genius Loci
Si tratta di un dispositivo semplice, per quanto necessiti di un’articolazione a più livelli in considerazione dei vari protagonisti implicati nel progetto: l’idea, in sostanza, è di dotare ogni quartiere della presenza reale e continuativa (15 ore alla settimana) di un operatore di collegamento (se si vuole, a mo’ di sportello, ma naturalmente agita con stile non troppo istituzionale) le cui funzioni sono così riassumibili
Anzitutto ascoltare e raccogliere i bisogni e le questioni che emergono in quella zona della città (problemi di convivenza o comunque relativi alla qualità della vita della comunità, emergenze di tipo sanitario o assistenziale, dissapori con le istituzioni pubbliche. In secondo luogo, attivare di conseguenza la rete dei servizi (rappresentata dal Tavolo interservizi che si riunisce ogni mese) al fine di studiare la situazione e proporre delle risposte. Contemporaneamente, coinvolgere la rete naturale, cioè i cittadini protagonisti della vita di quartiere, nell’analisi della situazione e nella ricerca degli interventi necessari (a questo scopo sono già operative le Assemblee di quartiere a cadenza mensile. Quarto, tenere aperti, in ogni quartiere, laboratori intergenerazionali e interetnici.
L’operatività
Più nello specifico, il progetto (che, ricordiamo, è un’iniziativa nata dalla “base”, cioè da una sinergia di pensiero tra alcuni operatori del territorio pordenonese facenti capo a Provincia, Comune, Azienda sanitaria, Cooperazione sociale) si concretizza quindi come segue:
1) La presenza di operatori dei servizi nei quartieri prescelti per la sperimentazione. Tutto questo a più livelli: Assemblee a cadenza mensile che vedono riuniti tutti i protagonisti naturali della vita di quartiere (parrocchia e altre chiese, associazioni, scuola) per discutere di questioni legate al proprio territorio, compresa la relazione coi vari servizi socio-assistenziali cittadini; avvio di Laboratori – di natura intergenerazionale e interetnica – con piccoli gruppi di cittadini su temi o problematiche di comune interesse, capaci di offrire al quartiere iniziative e momenti di scambio collettivo tesi a favorire il clima comunitario e l’identificazione col luogo di vita (mercatini, mostre, teatro di quartiere, orti sociali, giornale di quartiere, riscoperta – a livello ambientale e storico – del proprio territorio, dibattiti pubblici) tramite il coinvolgimento non solo degli adulti ma anche dei bambini delle scuole.
2) Sensibilizzazione al lavoro di équipe allargata e relativo coinvolgimento nel progetto delle varie realtà socio-assistenziali che si muovono in città. Anche qui, a più livelli: Tavolo interservizi (Dsm, SerT, Npi, Distretto, Consultorio, Ufficio Promozione alla salute dell’Ass6; Progetto giovani e operatori di strada del Comune di Pordenone e dell’Ambito; Progetto giovani della Provincia; Coop sociali Acli, Fai e Itaca, Giardino delle Sorprese, Ragazzi della Panchina): è una sorta di cabina di regia che, fra le altre cose, si interroga su quale sia il modo migliore di essere “al servizio” della città grazie all’ascolto e alla costruzione di risposte ai bisogni del territorio seguendo, come detto, una logica di co-responsabilizzazione tra istituzioni e cittadini; il Tavolo tecnico-operativo: un gruppo inter–istituzionale più ristretto che ragiona e condivide le scelte sulle tattiche, sull’operatività a breve e medio termine (vi partecipano le operatrici di collegamento – dipendenti delle cooperative sociali Fai e Itaca – che stazionano per 15 ore alla settimana nei quartieri, un rappresentante per ciascuna delle altre istituzioni, il coordinatore del progetto); Momenti seminariali di formazione “autogestita”, al fine di dare uno spessore culturale e teorico all’operatività concreta (si tratta di momenti che si stanno rivelando importanti per creare uno spirito di squadra, per porre rimedio al senso di isolamento in cui ciascun operatore o ciascun servizio tende oggi a viversi, per rimotivare tutti al senso civico del lavoro di comunità); infine, il Tavolo di verifica del progetto, nel quale il coordinatore di Genius loci fornisce – circa due volte all’anno – una restituzione dell’esperienza ai dirigenti apicali di Ass6, Comune, Provincia.
Risultati fin qui ottenuti
Se l’obiettivo primo di tale progetto ancora ai suoi albori è quello del rilancio o del buon mantenimento del tessuto comunitario interno alla città tramite l’operatività di quartiere, obiettivi intermedi sono: garantire una presenza credibile e costante delle istituzioni pubbliche nei quartieri, e favorire, in via preliminare ma anche nell’effettivo svolgersi dell’operatività, una convinta sinergia operativa e di pensiero tra enti e operatori pubblici e del Privato sociale. Allo stato attuale, a quasi un anno dall’avvio della sperimentazione, possiamo evincere che:
a) Grazie al fatto – per nulla scontato – che le operatrici di collegamento (cooperazione sociale) hanno saputo guadagnarsi la fiducia delle persone che promuovono la vita sociale, religiosa e scolastica dei quartieri scelti per una prima sperimentazione (Villanova e Borgomeduna), si è ottenuta la partecipazione alle Assemblee di quartiere di tutte le realtà ivi presenti, le quali per la prima volta si sono poste in sinergia reciproca, trovando nella rete delle istituzioni un partner più credibile di quanto possono esserlo i singoli servizi specialistici, e individuando in essa il vettore primo per iniziare a “fare sistema”. Questo passo preliminare crea le condizioni indispensabili a che le comunità possano, nel tempo e in collegamento con le istituzioni, costruire risposte condivise per affrontare le varie forme di disagio che nel tempo le attraversano.
b) Sono stati avviate, in accordo coi cittadini, concrete iniziative di quartiere e altre sono allo studio (mercatini, foglio di quartiere, teatro sociale, mostre…).
c) Si è per la prima volta superata la cortina che divide tra loro i vari servizi cittadini, arrivando a pensare, almeno potenzialmente, di poter contare su Genius Loci non solo come un progetto di sviluppo di comunità finora limitato a due quartieri, ma come il contenitore di tutte le esperienze di socializzazione della città. Un fatto che rimotiva gli operatori perché rompe l’isolamento di cui soffrono e contribuisce a che la pratica quotidiana trovi un orizzonte culturale più ampio, offrendo tra l’altro importanti momenti formativi alla pratica di comunità.
Criticità
Il fattore che ha rappresentato il punto di forza iniziale, e cioè la partenza dal “basso” del progetto, si rivela a questo punto anche il suo possibile punto critico. La scarsa valenza istituzionale, la formalizzazione ancora troppo incerta di Genius Loci rischiano infatti di veder relegato il progetto a un certo pericoloso spontaneismo. Se la motivazione, la spinta culturale proveniente da un gruppo di operatori hanno fatto indubbiamente decollare una serie di iniziative (e questo è stato indispensabile per mantenere nel tempo le spinte ideali e lo spirito di gruppo che sono la forza prima, la conditio sine qua non, dei progetti di comunità), tuttavia si rivela ora necessario giungere a un più deciso riconoscimento formale, come pure sostanziale, di Genius Loci da parte dei vertici delle istituzioni coinvolte.
In pratica, riteniamo indispensabile la sottoscrizione di un preciso accordo di comuni intenti tra Provincia, Comune e Ass6, un documento che contempli anche la relativa suddivisione dei fondi da impegnare (anche se ci sta muovendo per reperire fondi pure da altre agenzie, private, del territorio).
Una maggior forza istituzionale del progetto può in sostanza, prevenendo il rischio di una deriva eccessivamente spontaneistica e come tale foriera di poca chiarezza, garantire il futuro di questa iniziativa.
Ulteriori risorse
Un ultimo punto concerne il finanziamento del progetto. Sarebbe importante – proprio per la vocazione di comunità dell’iniziativa – poter contare, oltre che su stanziamenti provenienti dagli enti pubblici, su risorse messe a disposizione da agenzie private (Fondazioni, Banche, Aziende, etc.) presenti nel territorio e sensibili alle problematiche che da esso emergono. Eventualmente, esse sarebbero coinvolte nel progetto non semplicemente in qualità di sponsor esterni, ma a tutti gli effetti come partner che si confrontano e si relazionano costantemente coi cittadini e le istituzioni coinvolte nel progetto.
Francesco Stoppa
Il coordinatore di Genius Loci