Sistema Itaca con il segno ‘più’

Sistema Itaca con il segno ‘più’

Pordenone

Il bilancio 2011 di Itaca si chiude con risultati molto favorevoli. Positiva la crescita di occupazione che ha superato le 1300 unità, l’80% è rappresentato da soci lavoratori e l’83% da donne. Positiva la crescita di attività con un valore della produzione che supera i 34 milioni di euro, positiva la marginalità con un utile di 730 mila euro, pari al 2% del fatturato, un indice rilevante per chi come noi conosce, agisce e gestisce l’economia sociale. Dati che sono stati approvati nel corso dell’Assemblea generale dei soci tenutasi lo scorso 10 maggio presso i locali della Fiera di Udine. A seguire pubblichiamo un estratto pressoché integrale della Relazione al bilancio 2011.

Una questione di linguaggio
Dopo anni di declinazione al maschile e al femminile di tutti i testi, anche istituzionali come Statuto e regolamenti, per rendere più agibile il recepimento dei contenuti, abbiamo deciso dallo scorso anno – e non senza un intenso dibattito – di declinare tutto al maschile (come prassi nella lingua italiana). Per evitare che questa omologazione linguistica della donna al maschile confermi la negazione di un problema – quello della parità di genere e della conciliazione –, vogliamo focalizzare l’attenzione alle politiche di genere (oltre che alle tante nostre iniziative a favore della conciliazione). Ci pare una bella evidenza da riproporre, rimarcare che i sostantivi utilizzati nel corso della relazione come soci, lavoratori, coordinatori, … includono gli operatori sia di genere maschile e sia di genere femminile (i primi al 17%, le seconde all’83%).

Uno sguardo d’insieme
Il 2011, contrariamente al contesto economico generale, presenta risultati più che soddisfacenti. E conferma non solo la capacità di ‘tenuta del sistema cooperativo’ rispetto ad altre forme di impresa, ma anche la volontà di Itaca, impegno e capacità nel perseguire le finalità sociali. I risultati ottenuti, in apparente controtendenza, risultano coerenti con i nostri obiettivi sociali, valoriali ed economici. Il risultato operativo, prima del ristorno ai soci e della tassa al fondo mutualistico (3%), è pari a 2,2% per un valore di € 738.520.
Al risultato operativo, comunque percentualmente contenuto anche se è il migliore di sempre, si antepongono altri risultati, non monetizzabili, connaturati alla nostra mission.

La mutualità interna
L’occupazione è aumentata: al 31/12/2011 si registravano 1302 lavoratori dipendenti di cui 1174 con contratto a tempo indeterminato, con una percentuale di occupazione femminile sensibilmente cresciuta superando l’83%.
L’occupazione dei soli soci lavoratori – che al 31/12/2011 erano 1004 – ha avuto un incremento meno rilevante rispetto al totale, ma è aumentata del 22% la ‘mutualità economica’: essere soci lavoratori determina vantaggi economici che nel 2011 hanno superato la soglia dei 600 mila euro contro i 495 mila dello scorso anno. Accanto agli elementi migliorativi per i soci lavoratori, risulta utile e non scontato ribadire la dovuta rigorosità e correttezza nell’applicazione del Contratto, la regolarità nel pagamento delle retribuzioni (che in tutta la vita di Itaca non ha mai avuto ritardi), la sistematica formazione sulla sicurezza e professionale, … ritenendo che anche questo abbia contributo al contenimento del turn over.
E’ innegabile che il risultato sia correlato al ritardo nella definizione dell’accordo di rinnovo del CCNL Coop Sociali siglato (con due anni di ritardo) a dicembre e che produrrà i suoi effetti dal 2012.
L’incidenza del costo del lavoro sul totale del fatturato si aggira intorno all’83% dei ricavi diretti (senza considerare le gestioni prodotte da altre cooperative in Associazione temporanea di Impresa). Il nostro risultato operativo è sempre stato condizionato proprio da questa incertezza temporale degli accordi di rinnovo, unitamente all’eterno problema di veder riconosciuto nelle basi d’asta il corretto costo del lavoro e regole che garantiscano una corretta indicizzazione delle stesse.
I costi indiretti del personale comprendono la tecnostruttura e gli oneri per la formazione del personale anche in materia di sicurezza, rispetto alla quale si registra un grande impegno sia economico che organizzativo – che aumenterà ulteriormente dal 2012 in relazione al nuovo accordo Stato Regioni entrato in vigore da gennaio.

Il modello Itaca
Il modello cooperativo non si traduce solo promuovendo la partecipazione attiva dei soci alle scelte e alla conduzione della Cooperativa – partecipazione che a volte può risultare difficile da misurare viste anche le dimensioni raggiunte e gli strumenti utilizzati -, ma soprattutto in una marcata responsabilizzazione dei soci stessi alla produzione dei risultati. Il nostro è un organigramma veramente orizzontale dove alla cosiddetta tecnostruttura si aggiungono i coordinatori dei vari servizi che assommano a più di 100; soci lavoratori che quotidianamente si assumono l’onere e la responsabilità di gestire il benessere delle persone, il lavoro dei nostri soci, la salute delle persone di cui ci occupiamo, la diffusione dei valori della Cooperativa.
Per questo gli investimenti sul capitale umano, non limitati al miglior trattamento economico, ci vedono costantemente, e tutti, impegnati anche su importanti e innovativi processi di benessere organizzativo. E’ proseguito il lavoro, avviato nel 2010 aderendo ad un progetto della Commissioni Pari Opportunità di Legacoop, di impostazione delle politiche di gestione delle risorse umane in un’ottica di genere, finalizzato ad una sorta di certificazione delle politiche per le pari opportunità anche con l’attivazione di azioni mirate alla conciliazione.
Oltre alla regolare attività di formazione professionale è stata ampliata alle figure lavorative intermedie l’applicazione delle job, uno strumento di misurazione delle competenze tecniche e trasversali su cui innestare percorsi di sviluppo delle competenze. Nel 2011 si è avviata, sulla scia di percorsi formativi realizzati nel 2010, una progettazione più ampia e strutturata sulle competenze sociali che ha portato alla realizzazione del progetto The Village, il gioco sulle competenze sociali realizzato insieme al partner Dof Consulting. Tale strumento sarà applicato alle equipe di lavoro per migliorare l’efficienza e la coesione dei gruppi da cui dipende il benessere di altre persone.
Nella seconda parte dell’anno è stato definito il progetto per l’attivazione del Fondo Sanitario Integrativo e sono stati organizzati capillarmente incontri con i soci anche per raccogliere suggerimenti utili a mettere a punto la proposta conclusiva che è stata attivata con il mese di gennaio 2012.

La mutualità esterna
Sono cresciuti i servizi gestiti, come dimostrano il fatturato aumentato a quasi 34 milioni di euro (con un +7,8%) e il numero dei beneficiari (in totale 8112 – senza considerare i servizi “aperti”). Il gradimento rispetto alla qualità dei servizi forniti, rilevato dai questionari somministrati a campione, segnala un’elevata e complessiva soddisfazione.
Il focus di tutte le aree di attività, comprese quelle di staff, evidenzia il notevole impegno, in tutti i servizi, di fornire valore aggiunto in termini di metodologie di lavoro, di innovazioni progettuali, di mantenimento o incremento, quando possibile, di attività verso/con la rete della comunità. Attività sempre attinenti ai settori tradizionali del welfare, alcune volte sperimentate a fronte di sporadici e parziali finanziamenti dedicati, e comunque regolarmente retribuite.
La possibilità di attivare progetti innovativi o di fornire risorse aggiuntive deve tenere conto di questo e non può essere un impedimento alla possibilità di essere competitivi anche sul piano dell’innovazione.

Politiche di sviluppo
Il valore della produzione e il risultato operativo conseguono ad una politica gestionale di sviluppo che ha sempre voluto comprendere una crescita sostenibile, ancorata al nostro territorio, e una generalità di servizi con diverse marginalità e in alcuni casi (non molti per fortuna) con inefficienze economiche. E’ proprio l’ampiezza della gamma dei servizi che ci consente, come in passato e con molta attenzione, di sopportare gestioni (e non solo a gestione propria) con una marginalità deficitaria in quanto i ricavi sono insufficienti a coprire i costi diretti. Con questa generalità e diversificazione, si sono potuti valorizzare molti interventi progettuali innovativi, irrilevanti o inesistenti in termini di fatturato, ma di grande impatto nella promozione di benessere di comunità.
In linea con le nostre politiche di sviluppo, già condivise nelle precedenti assemblee, abbiamo intensificato l’attività soprattutto al di fuori del territorio regionale. L’incremento del fatturato in termini assoluti è stato di 2,5 milioni di euro, dovuto per il 77% a nuove gestioni di servizi in Alto Adige e Veneto, mentre la differenza è riferita al consolidamento della nostra presenza nel territorio regionale del FVG che concentra il 78,5% della nostra complessiva gestione.
Il radicamento territoriale resta, nonostante l’evidente contrazione del mercato di riferimento, una nostra politica di sviluppo che restituisce valutazioni positive riguardo la nostra regione anche in relazione ai nostri committenti i quali – generalmente e diversamente da ciò che accade in altri contesti, con regolarità e correttezza nella gestione tecnico amministrativa dei servizi – hanno addirittura accorciato i tempi di pagamento consentendoci un ulteriore rafforzamento finanziario.

Tassazione ed esenzione
Inoltre, è tanto che non lo ricordiamo, l’utile prodotto, forse per la prima volta quest’anno, è pari se non superiore alla teorica tassazione Irap che sarebbe dovuta se Itaca fosse residente, ad esempio, in Veneto (il provvedimento regionale di esenzione per le cooperative sociali risale al 2005). Naturalmente non abbiamo mai utilizzato l’esenzione come un vantaggio competitivo, anzi ci siamo battuti per non trasformarla in un mero sconto di tariffe ma per incrementare la capacità di produrre servizi, innovazione e occupazione.
Non ci vergogniamo di parlare di tassazione – non solo perché i nostri utili sono sempre stati limitati – visto anche il nostro impegno verso l’occupazione soprattutto quella stabile, quella che crea i flussi previdenziali necessari per garantire il (minimo) welfare previdenziale del futuro; il tutto in un Paese che ha picchi di criminalità fiscale diffusa e un ordinamento tributario che – in linea con la moderna, ma fallita, tendenza mondiale – ha premiato e premia le speculazioni finanziarie e non la produzione.
Per completezza d’informazione, e soprattutto per i competitor che avranno voglia di leggere questo bilancio, precisiamo che, diversamente da quanto accade in altre regioni, noi non abbiamo goduto del regime del salario convenzionale (risoltosi, in regioni come ad esempio la Toscana e molte province dell’Emilia Romagna, solo nel 2010) ma abbiamo sempre pagato gli oneri previdenziali dovuti sul salario reale senza danno ai lavoratori sul piano pensionistico.

Rafforzamento patrimoniale
La nostra politica di sviluppo e (senza modestia) la nostra capacità di stare, con responsabilità e correttezza, dentro l’economia sociale, hanno certamente contribuito al rafforzamento patrimoniale e finanziario della Cooperativa Itaca. Al risultato, negli ultimi anni, ha contribuito il contenimento degli oneri finanziari molto al di sotto dei livelli medi di tutte le imprese – soprattutto le cooperative sociali che molto spesso giocano a proprie spese il ruolo non riconosciuto di finanziatori del ‘welfare locale’. Il contenuto indebitamento che oggi abbiamo, in passato riconducibile ai ritardi di pagamento della pubblica amministrazione, grazie ad azioni sistematiche verso la committenza ed anche al fatto che siamo in una regione virtuosa, consente di non bruciare in interessi passivi la nostra capacità di investimenti futuri.
Il tutto in presenza della consolidata normativa sulla previdenza complementare che ha comportato, a partire dal 2007, l’uscita di un flusso di cassa superiore a 3,5 milioni di euro che è oggi il valore del fondo trattamento di fine rapporto presso la Tesoreria dell’Inps.

Sistema cooperativo
Anche se non siamo giuridicamente un sistema, e tanto per restare sempre in tema di mutualità esterna, Itaca ha continuato a sostenere il sistema cooperativo locale. La condivisione di reti è ampliata a tutte le partecipate come il Consorzio Welcoop o la Cooperativa Hattiva, solo per citare degli esempi, e la solidarietà si estende anche attraverso servizi tangibili forniti alle Cooperative L’Agorà e Maciao.
I partner con cui abbiamo attività in associazione temporanea di impresa o attraverso consorzi sono tutti del Movimento Cooperativo e rappresentano il 60% circa del fatturato. Su un piano di misurazione, da tali collaborazioni derivano anche le consistenti spese generali per attività di pulizie, lavanderia, ristorazione, ecc… riconducili per quasi il 50% ai servizi svolti da altre cooperative nei raggruppamenti di imprese.
Questa capillare rete conferma la rilevanza non solo politica ma anche produttiva dei rapporti di collaborazione esistenti (intesa in termini di fatturato e di impostazione organizzativa che ne deriva).

Welfare e committenti
Pur ritenendo il Friuli Venezia Giulia un esempio rispetto ad altre realtà territoriali che hanno subito pesanti tagli al sistema di welfare, anche nella nostra regione si è assistito, come focalizzato nella relazione dello scorso anno, ad una tendenza verso la voucherizzazione dei servizi. Per quello che è il nostro osservatorio, nel corso degli anni non si è modificata sostanzialmente la fonte di provenienza dei ricavi, che continua ad essere quasi completamente pubblica (la nostra mission si rivolge alle fasce deboli e il contrario potrebbe essere correlato solo allo smantellamento del welfare), mentre sono in costante crescita i committenti persone fisiche che – su indicazione del pubblico – compartecipano alla spesa (o la pagano con contributi ricevuti direttamente).
La fotografia attuale è la seguente: sul totale dei committenti, le pubbliche amministrazioni ne rappresentano il 10%, a fronte però di un fatturato pari al 94%, mentre i committenti persone fisiche (550 persone comprensive dei servizi a compartecipazione della spesa) sono il 90% e sviluppano solo il 6% del fatturato, disegnando un sistema deregolamentato e destrutturato senza alcun risparmio economico o aumento di efficienza degli interventi.
Nell’anno 2011 non abbiamo registrato una crescita dei servizi a privati ma le riflessioni non possono interrompersi, perché riteniamo che negli anni a venire la deriva verso le voucherizzazioni, le compartecipazioni, le privatizzazioni, riguarderà sempre più non solo i servizi assistenziali, ma – come sta già avvenendo – investirà prepotentemente l’area sanitaria. Dovremo quindi tentare di rendere coerente la nostra visione con le nuove esigenze dettate dalle nuove povertà e dall’incessante crisi.
Non sarà facile anche in ragione degli investimenti che tali servizi richiederebbero, compresi quelli infrastrutturali; è pur vero che abbiamo evidenziato la nostra solidità finanziaria, ma questa situazione attiene alla gestione corrente e non chiama in causa l’attuale sistema bancario oggi praticamente immobile.

Strutture e servizi propri
Il tema degli investimenti su strutture/servizi propri è sempre stato presente nella nostra politica di sviluppo, soprattutto per la possibilità di slegare le gestioni dalle gare di appalto perseguendo l’obiettivo di rafforzamento della mutualità. Oggi il tema non è solo quello di reperire risorse per investire, piuttosto che auspicare l’intervento pubblico per l’abbattimento dei costi (come ad esempio nella gestione degli asili nido accreditati, cioè in possesso di precisi requisiti qualitativi e quantitativi anche strutturali). Ma è comunque legato alle politiche locali nonché ai sistemi di convenzionamento, che devono consentire un efficiente utilizzo dei servizi/strutture.
Le marginalità scarse o addirittura deficitarie derivanti da un sistema di applicazione tariffario a rette, si sta trasferendo anche nei servizi in appalto, con l’aggravante per questi ultimi di non avere alcun tipo di controllo delle politiche di accoglienza piuttosto che dell’analisi o diversificazione delle risposte ai bisogni. Un fatto questo che determina palesemente un arbitrario trasferimento delle responsabilità oltre che evidenziare l’urgenza di pervenire a più accurati sistemi di rilevazione dei bisogni, coerenti con le progettazioni di politiche sociali e le risorse a disposizione.
Questa insistente attenzione verso il controllo del ciclo economico deriva dalla consapevolezza che sono i soci della Cooperativa i soli ad assumersi il rischio di impresa: le eventuali inefficienze ribalterebbero su di loro un danno economico, minando non solo la mutualità interna ma anche quella esterna su cui la prima si fonda.

Aree produttive al microscopio
L’esame di dettaglio delle singole aree produttive conferma il generale quadro positivo e anche che la composizione percentuale delle diverse attività non ha avuto sostanziali differenze, mentre le risultanze gestionali – di cui si propone una breve sintesi – evidenziano risultati e problematiche articolate e complesse.
Anziani Residenziale: è l’area che ha fatto registrare il risultato più performante con il consolidamento dei servizi acquisiti nei precedenti esercizi e il positivo avvio di nuovi appalti. La perdita di alcuni importanti servizi ha avuto scarsi riflessi nel corso dell’esercizio, e comunque sono stati sostanzialmente compensati (almeno sul piano economico) da nuove acquisizioni.
Anziani Territoriale: all’incremento delle attività (+13%) non ha fatto riscontro un analogo incremento nei margini. I motivi sono riconducibili soprattutto al difficoltoso start up di alcuni servizi, unitamente alla criticità e specificità di alcune attività – laddove i costi accessori (soprattutto correlati agli automezzi) impattano più pesantemente sull’unità di misura che costituisce il denominatore, cioè le ore di assistenza.
Salute mentale: all’incremento di ricavi è corrisposto un mantenimento della marginalità solo in termini assoluti; situazione dovuta per lo più all’andamento dell’appalto più significativo dell’area, che ha visto una forte compressione dei ricavi con costi che invece non si sono ridotti proporzionalmente.
Disabilità: anche in quest’area abbiamo avuto un incremento di ricavi, ma una contrazione dei margini. Infatti, a fronte di positivi assestamenti gestionali, osserviamo margini non coerenti – diretta conseguenza di gestioni deficitarie in alcune strutture non andate a regime per mancanza dei preventivati invii da parte degli Enti. Da rilevare il buon avvio del nuovo servizio acquisito nel corso dell’anno presso la struttura dell’Aism a Trieste.
Servizi educativi a minori, politiche giovanili, …: nel 2011 l’area ha consolidato le proprie gestioni, sia nel fatturato sia nei risultati. Analizzando le micro-aree, rileviamo un’ottimizzazione nei servizi socio-educativi, mentre restano problematici i servizi dell’area prima infanzia a gestione propria; di scarso respiro, per intrinseche caratteristiche, i servizi legati a tossicodipendenza e progettazione giovanile. Quanto alle attività estive segnaliamo che, nonostante la scarsità delle risorse pubbliche, abbiamo gestito con buoni risultati, un numero maggiore di Centri estivi rispetto all’anno precedente.
Servizi a privati: rileviamo che l’attività riferita ai servizi a privati è rimasta sostanzialmente invariata rispetto al 2010; resta alta l’attenzione dal punto di vista gestionale perché tali servizi non derivano da un puro mercato privato, ma da una capacità di spesa conseguenza di finanziamento pubblico regionale a valere sul Fondo per l’Autonomia Possibile. L’attivazione di servizi così subordinati all’eventuale rifinanziamento non solo compromette la continuità occupazionale degli operatori coinvolti, ma svilisce la qualità delle progettazioni personalizzate e rende inefficiente l’attivazione di strumenti minimi di gestione.

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