La Responsabilità dell’Operatore Socio Sanitario

La Responsabilità dell’Operatore Socio Sanitario

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Belluno

Lo scorso 15 ottobre 2011 si è tenuto a Belluno il Convegno pubblico dal titolo “La Responsabilità dell’Operatore Socio Sanitario: una libera decisione o una costrizione del ruolo? tra professione, etica e responsabilità”, promosso dall’Area Residenziale Anziani. L’idea di un convegno dedicato al tema delicato delle responsabilità dell’Oss è nata dalla volontà di raccordare la pratica del lavoro quotidiano con la necessità di riflessione. Il lavoro sul campo va infatti connesso alla ricerca di senso.
Parole come Valori, Principi, Etica e Responsabilità hanno costituito il filo rosso degli interventi, ed hanno a che fare con le domande che ogni giorno ci poniamo come operatori sociali: Perché ho scelto questo lavoro ? Perché ho scelto una professione di aiuto?
Tra le possibili definizioni del termine responsabilità, quella che ci appare particolarmente adatta al nostro lavoro la definisce come “capacità di prevedere gli effetti a lungo termine delle proprie azioni”.
Osservando il dizionario Garzanti, tra le definizioni di ‘Responsabilità’, si può leggere: ‘consapevolezza di dover rispondere degli effetti di azioni proprie o altrui;… l’azione concreta, l’impegno derivante da tale consapevolezza’.
Quindi la responsabilità sembra legata da un lato al dover rispondere prima a se stessi, poi agli altri, circa le proprie azioni, e circa le azioni compiute da altri, che sono a noi strettamente collegati; così come un datore di lavoro risponde dei suoi impiegati e del buon funzionamento dell’azienda e del risultato finale.
D’altro canto la responsabilità sembra collegata anche alla consapevolezza di avere tale responsabilità, cioè di dover rispondere di se stessi. Non si può prescindere, quindi, dal vedere che le azioni che compiamo hanno un effetto pratico, nella realtà che ci circonda a più livelli: fisico, emotivo, morale ed etico.
Lo scopo del convegno è stato così quello di promuovere la riflessione e la consapevolezza in particolare di chi sta in prima linea come gli Oss, ma non solo. Abbiamo scelto di dedicare al tema una mattina, densa di interventi, pur sapendo che gli argomenti avrebbero richiesto più tempo per essere approfonditi, per dare la possibilità di partecipare al maggior numero possibile di persone, sapendo che c’è il lavoro a turni, la distanza, la conciliazione dei tempi del lavoro – famiglia. L’augurio è che poi gli operatori siano tornati nei loro servizi e abbiano raccontato ai colleghi che non c’erano, abbiano condiviso e magari proposto qualche idea.

Il programma della mattina prevedeva una prima sessione teorica con l’approfondimento di tre diverse aree: l’area operativa con la relazione della dott.ssa Monica Fratta, l’area metodologica con la dott.ssa Elisabetta Kolar e l’area giuridica con il dott. Massimiliano Gioncada.
Nella seconda sessione la Direttrice del Centro servizi Socio assistenziali di Puos d’Alpago, Maria Elena Merella, con gli Oss Domenica Anania e Richard De Bon hanno proposto l’analisi di un caso in cui emergeva il dilemma tra il rispetto della libertà e del libero arbitrio con la pratica di una corretta assistenza.
La signora Clelia di 83 anni è entrata in Casa di riposo nell’aprile del 2010, proveniente da una delle case di riposo del distretto dove è stata ricoverata per breve tempo. Prima viveva a casa da sola in una piccola frazione di un comune dell’Alpago. Fin dai primi giorni Oss e infermieri hanno segnalato episodi di agitazione con tentativi di fuga e aggressività verbale nei confronti del personale e di altri ospiti, difficoltà nell’effettuare l’igiene della persona sia al mattino che per il bagno settimanale, talvolta con fuga dal piano in cui dorme al piano terra. Pur avendo provato varie strategie, come il coinvolgimento della sorella o il preavviso al giorno precedente dell’appuntamento per la doccia, tuttora permane tale difficoltà,
Non c’è soluzione definitiva alla situazione, ha sottolineato Monica Fratta commentando il caso, si tratta di smontare il problema attraverso una conoscenza approfondita della persona, una riflessione condivisa e un procedere per tentativi. E’ importante disporre di una valutazione psicologica, conoscere il suo passato, chiedersi di che cosa abbia paura e in che modo sia possibile fare breccia nella sua oppositività.
La dott.ssa Kolar in modo suggestivo e provocatorio si è chiesta Che cosa mi dice la signora Clelia? Quello che ho visto mi è sufficiente? Non voler fare la doccia è un atto preciso di possibilità di esprimere ed esercitare la propria volontà; e ha suggerito l’utilizzo della scrittura come strumento prezioso di lavoro.
La scrittura ci impone di essere rigorosi, di mettere in ordine i pensieri, di condividere. Può essere utile per un’équipe di lavoro tenere ad esempio un diario scritto per i casi complessi, in cui descrivere sensazioni, riflessioni, piste di analisi, aspetti che non si sono capiti o su cui si vorrebbe saperne di più. Tutto ciò aiuta a delineare possibili piste di lavoro, a immaginare e trovare connessioni.

Valore, di Erri De Luca
Considero valore ogni forma di vita,
la neve, la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto,
un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe, tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi, provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord, qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca, la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare
e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.

Anna La Diega e Laura Lionetti

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